Nessuna trattativa con la mafia

Il generale Mori difende ancora il ruolo dello Stato

Dovremo perlomeno attendere una sentenza nel processo che coinvolge Mario Mori, Generale dell’Arma dei Carabinieri, direttore del Ros e capo del Sisde dal 2001 al 2006, per avere un’idea più appropriata delle accuse di favoreggiamento che gli sono state rivolte. Non abbiamo infatti le informazioni sufficienti per stabilire se fosse necessario arrestare il boss Provenzano appena ci fosse l’occasione, o fosse invece meglio aspettare un secondo momento, per ragioni la cui discrezione appartiene esclusivamente al capo dei Ros, cioè a Mori stesso.

E non siamo nemmeno in grado di dire se, invece, settori della magistratura avessero qualche interesse ad ostacolare l’opera di Mori alimentando il sospetto che il generale intendesse favorire uno dei principali esponenti di Cosa Nostra.

Certo dobbiamo constatare che quando vi è un capo del Ros bisogna attenersi alle sue decisioni, perché solo egli possiede gli elementi sufficienti a procedere nella sua azione. E, se si hanno dei dubbi a riguardo, questi dovrebbero spettare al governo che ha riposto la sua massima fiducia in una persona che non ne meritava. Altrimenti un’inchiesta sui capi del Ros è un’accusa contro il governo che lo ha insediato.

Teniamo anche conto del fatto che Mori subì già una accusa di favoreggiamento assieme al capitano Ultimo dopo l’arresto di Riina, e che da quell’accusa è stato prosciolto. Lo stesso capitano Ultimo ha avuto modo di esprimere un giudizio lusinghiero nei confronti dell’operato del suo comandante. Proprio perché non siamo giudici, consideriamo tutti questi elementi accanto al timore che, mentre c’è chi combatte la mafia, parte della magistratura ha interesse a combattere chi combatte la mafia. Per cui troviamo nel silenzio, messi alla sbarra, uomini come il generale Mori. E tutti prestano grandissima attenzione alle rivelazioni del figlio di Ciancimino sui presunti "papelli" fra lo Stato e la Mafia. E siamo rimasti esterrefatti che il procuratore Antimafia Piero Grasso si esercitasse in un’operazione dietrologica con una serie di considerazioni che a noi sembrano tuttora incomprensibili. L’unica cosa che non troveremmo incredibile, davanti ad una trattativa fra lo Stato e le associazioni mafiose, è che il procuratore Antimafia si fosse dimesso immediatamente.

Invece è successo che mentre il procuratore Antimafia farfugliava cose senza senso, mentre la politica taceva - perché non ci sono nemmeno più le forze di governo del tempo e chi le rappresentava (il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, è impegnato in ruoli che evidentemente non gli consentono di intervenire come si dovrebbe) - le uniche parole dignitose le abbia pronunciate il generale Mori. E’ il generale Mori che ha difeso il senso dello Stato dicendo che questo non tratta con i criminali. E l’unico uomo che ha difeso lo Stato si trova alla sbarra. Sarà un segno del destino.

(Voce Repubblicana, 22 ottobre 2009)